venerdì 14 febbraio 2014

Escursionismo e Altri Mondi: meditando fra vulcani, lave, pomici e lapilli

Sono in giro sull'ennesimo vulcano, ancora una volta su un'isola. Due caratteristiche che condizionano enormemente l’ambiente e la vita e, al di là degli endemismi conseguenza dell’isolamento (così come il diverso carattere degli isolani), c’è qualcosa di affascinante in questa combinazione. In particolare le aree vulcaniche tuttora attive, o che hanno visto eruzioni negli ultimi secoli, affascinano ancor di più di altri ambienti “estremi” come deserti, ghiacciai e foreste in quanto quello che vediamo è molto più giovane. Il vulcano può avere milioni di anni, ma la lava è molto più giovane e le eventuali forme di vita ancor più recenti.
Le persone disattente (chiaramente non camminatori e tantomeno viaggiatori) si chiedono perché non uno, ma tanti, continuano ad scalare montagne, andare per foreste o deserti, tornare in  alcuni ambienti (vedi il mal d'Africa). Questi distratti li considerano ambienti ripetitivi e quindi senza interesse (“ne hai visto uno, li hai visti tutti”), ma non lo sono per niente se si sa come leggerli, viverli e, conseguenza inevitabile, apprezzarli e goderseli.
Pur non avendo interesse o conoscenze specifiche di vulcanologia né di geologia in genere, e non perseguendo di proposito queste destinazioni, mi sono accorto che mi ritrovo spesso a camminare in caldere o lungo le pendici di un vulcano e, pur trovando grandi similitudini fra alcuni ed altri all'opposto capo della terra, è innegabile che ognuno abbia una sua distinta anima, oltretutto in continuo cambiamento.
Ieri sono stato di nuovo nel Parque Nacional del Teide, nella caldera e in cima alla seconda vetta del complesso vulcanico, Montaña Blanca (2.748m) che deve il suo nome al colore della pomice che contrasta con colate ben nere. Di lì, volgendo lo sguardo a nord, spiccano le rosse rocce di Fortaleza, al di là di una zona desertica punteggiata da bombe vulcaniche (los Huevos del Teide) e poi da rada vegetazione che cinge un altro piccolo cratere (Montaña Negra).
Con lo scorrere del tempo le ombre si accorciavano e ruotavano, per poi cominciare ad allungarsi di nuovo continuando a girare. Ciò, combinato col mio movimento (ho percorso 20km), ha fatto sì che il rosso delle rocce di Fortaleza diventasse, ocra, marrone, quasi arancione ... e con il differente angolo di luce cambiavano di conseguenza tutti i colori.
Chiaramente bisogna esserci poiché nessuna fotografia rende il dovuto merito all'ambiente (tantomeno le mie, ma forse vale la pena di guardarle per farsi un’idea di dove sono stato).
Lo sanno bene gli amanti della musica, di qualunque genere, che conoscono bene la differenza abissale che corre fra una registrazione in studio, della migliore qualità possibile, e un concerto dal vivo (che sia rock o di musica popolare, sinfonica e da camera).
E in quanto a osservazioni e sensazioni questo è vero in qualunque ambiente, quindi viaggiate, e non per abbandonarvi su una sdraio di un villaggio turistico o per andare a fare shopping, ma camminate, in città, fra i campi, nelle foreste, sui monti, vulcani o no che siano, nei deserti. Allenate l'occhio a cogliere i particolari e i colori, l'orecchio a sentire il vento o cogliere l'attimo in cui un uccello spicca il volo o un serpente scappa cercando rifugio, la narice a percepire gli odori dell’erba, delle piante che sfiorate, della pioggia in arrivo.
Finché non ci riuscirete continuerete a perdervi il 90% dei possibili piaceri di un viaggio … checché ne pensiate.

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