lunedì 16 febbraio 2015

Incidenti e (ir)responsabilità ... e altri QRcode

Ascoltando la radio un paio di giorni fa sono venuto a conoscenza del tragico incidente della Galeria de lo Cochinos (Tenerife) del quale si commemorava l'ottavo anniversario. In un primo momento avevo pensato a un incidente automobilistico, ma dopo poco è intervenuta una sopravvissuta che ha cominciato a descrivere quanto fosse successo e ho capito che si trattava invece di una escursione finita molto male.
Un gruppo di una trentina di amici erano andati in escursione e, non conoscendo il percorso, avevano contattato una guida che, per qualche motivo che non sono riuscito ad appurare, non fu in grado di accompagnarli. C'erano per la verità tre suoi associati, accompagnatori, dei quali però solo uno aveva effettuato quella passeggiata vari anni prima e in pratica, per sua stessa ammissione, non se la ricordava. Tutti sapevano che a un certo punto avrebbero dovuto percorrere una galleria lunga circa 600 metri (il che già comporta un certo rischio). Le cose si complicarono nel momento in cui arrivati all’entrata del tunnel trovarono una rete accostata all’ingresso, ma qualcuno vide un’altra apertura più grande nelle vicinanze, senza rete. Dopo essersi consultati via cellulare con la guida si avventurarono nella grotta con ingresso più ampio e senza rete e vi si sono addentrati per oltre 1 chilometro. A causa del poco ossigeno e della presenza di gas cominciarono i giramenti di testa, la sonnolenza e gli svenimenti. Eppure qualcuno voleva andare ancora più avanti pensando che l’uscita fosse più vicina dell’apertura dalla quale erano entrati. Le versioni qui sono discordanti in quanto la signora intervistata assicurava di essersi inoltrata per 1500 metri, altre versioni riportano che i cadaveri dei 6 che non ne uscirono vivi furono recuperati fra i 1200 e i 2000 metri di distanza dall’ingresso. La signora che è una dei sopravvissuti, e quindi era presente, chiedeva giustizia e se la prendeva soprattutto con le autorità, pur avendo affermato in diretta di essersi addentrati – a suo dire – per 1500 metri nonostante il tratto in galleria fosse notoriamente di soli 600, di essersi fidata di una descrizione via cellulare e confermando che gli accompagnatori avevano detto chiaramente che non erano sicuri che quella fosse la galleria esatta, ed era rimasta senza luce.
Io ne ho percorse parecchie di queste gallerie, ma sempre con persone che ben le conoscevano e sapevano esattamente quanto fossero lunghe e quando si sarebbe vista l’uscita. Si trattava in ogni caso di gallerie al più di poche centinaia di metri con minimo rischio di carenza di ossigeno, ma vi assicuro che fino all’apparizione del puntino luminoso (l’uscita) che poi si ingrandiva rapidamente, non ero del tutto tranquillo. Chiamatemi pure pusillanime, ma facendo parte di quel gruppo
* non mi sarei addentrato tanto
* data la lunghezza del tratto avrei senz’altro portato anche una luce di riserva
* anche volendo percorrere più di 600 metri, giunti al chilometro sarei tornato indietro e, per quanto possibile, di corsa
* non mi sarei fidato di una identificazione a distanza considerato che oltretutto chi c’era già stato (un accompagnatore) aveva chiaramente palesato le sue perplessità.
Non sarebbe stato più semplice provare anche l’altra (per un massimo di 700 metri) visto che per la posizione era quella giusta? Dopo soli 550 probabilmente avrebbero visto l’uscita e casomai avrebbero potuto mandare in ricognizione solo 3 o 4 più esperti, senza entrare in 30. E perché non tornare indietro o cambiare percorso visto che avevano varie possibilità? Secondo voi è troppo dire che se la sono andata a cercare? Che hanno voluto rischiare ben oltre i limiti della sicurezza e del buon senso?
Che si tratti di una galleria, di mare agitato, di rischio neve o di altro una legge di sopravvivenza non scritta ma tassativa stabilisce che se non c’è estrema necessità e/o maggior pericolo non si deve procedere e scegliere (se possibile) la migliore delle soluzioni fra restare dove ci si trova e tornare indietro. 
In nessuno dei due casi c’è da vergognarsi, al contrario si dovrebbe essere apprezzati per il buonsenso, in particolare se si è responsabili anche di altri.
Non è piacevole commentare questi fatti, ma penso che sia necessario farlo nella speranza di evitare che altre persone si trovino in condizioni simili o comunque di pericolo per aver sottovalutato la situazione e per essersi presi troppi rischi. 

Concludo il post con una più allegra nota, propinando a quelli che hanno meno dimestichezza con l'elaborazione di testo e immagini una nuova, ridotta raccolta di codici QR linkati alle cartine. Ho assemblato le quattro che riguardano la parte estrema della penisola che, più delle altre, sono interessanti anche per i non escursionisti. Mi riferisco in particolare all'intera carta del Progetto Tolomeo che, includendo anche tutta la viabilità stradale, può essere senz'altro utile anche a chi si muove in auto e non fa un passo a piedi e la carta dettagliata del centro di Sorrento, da Capodimonte alla Rota. 
Le altre due, più "escursionistiche" pur comprendendo tratti certamente accessibili a chiunque, rappresentano rispettivamente il sentiero delle Sirenuse e il Monte San Costanzo con i suoi immediati dintorni, vale a dire Termini, Punta Campanella, Jeranto e Nerano.  

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