domenica 8 novembre 2015

Avete mai aiutato a mettere in moto un treno a spinta?

In autoferro da Ibarra a San Lorenzo (Ecuador), gennaio 1980

Altra avventura irripetibile, non perché eccezionale o unica, ma per il semplice fatto che non esiste più la possibilità di viverla di nuovo, per nessuno. Infatti, il viaggio su rotaia fra Ibarra e San Lorenzo non è più replicabile ormai già da alcuni anni ed il breve tratto sopravvissuto alla inarrestabile, seppur giustissima modernizzazione, è diventato una mera e costosa attrazione turistica. L'antica linea era famosa fra i viaggiatori più avventurosi per essere percorsa da un particolarissimo mezzo di trasporto (l'autoferro) lungo un tracciato spettacolare immerso nella vegetazione, senza alcuna stazione intermedia (anche se qualche sosta in aperta campagna era effettuata, a richiesta) dalle Ande alla costa dell'Oceano Pacifico.

Gli autoferro, utilizzati anche su altre linee ecuadoriane, erano in effetti dei piccoli bus (20-30 posti, nel senso di sedili) i cui “normali” cerchi e copertoni erano stati sostituiti da ruote metalliche che lo mantenevano (ma non sempre) sui binari di tipo ferroviario della linea a scartamento ridotto. Il motore non veniva sostituito e quindi in salita, a seconda della pendenza, il conducente doveva cambiare più volte marcia. Il numero di posti indicati pocanzi era assolutamente indicativo in quanto si sistemavano almeno tre passeggeri per ogni coppia di sedili, poi c’erano gli strapuntini improvvisati, gente in piedi, altri sul tetto e i pochi spazi rimasti venivano riempiti con ogni genere di bagaglio o mercanzia, inclusi maialini e galline.

"Moderno" autoferro in servizio fino a pochi anni fa. 
Nel 1980 il suo "antenato" era più piccolo e più affollato. 
Ibarra (situata a circa 2.400m s.l.m. lungo la strada Panamericana) in effetti non era molto interessante, né grande, ma gravitava nell'orbita di Otavalo (25 km a SW) che vantava il più importante mercato del nord dell’Ecuador.
San Lorenzo, al contrario, era un piccolo villaggio praticamente unico nel suo genere, per vari motivi molto diversi fra loro che vi riassumo concisamente:
  • La quasi totalità degli edifici erano costruiti in legno, come le cittadine dei pionieri del Far West.
  • Se esisteva una rete elettrica era minima ... io non me ne ricordo.
  • Era quasi completamente circondata da acqua salmastra dalla quale emergevano boschi di mangrovie.
  • Essendo il villaggio costiero più settentrionale dell'Ecuador, a meno di 20 km dal confine con la Colombia, il dedalo di canali fra le mangrovie era molto frequentato da veloci canoe contrabbandieri.
  • La popolazione era a maggioranza di discendenza africana (ex schiavi di colore).
  • Non esisteva alcuna strada di accesso diretto. Per raggiungere San Lorenzo, da Esmeraldas si raggiungeva La Tola (fine della strada ... sterrata) in un "bus" simile a quello della foto in basso e di lì si proseguiva in lancia per Limones (alias Valdéz), una decina di facili km abbastanza diretti, e quindi almeno un'altra ventina in un labirinto di mangrovie. All'epoca, l'unica alternativa era quella di scendere da Ibarra con l'unico autoferro giornaliero (poco affidabile), ma ora esiste una rotabile.
Se pensate che l’ambiente, le aspettative e le sorprese non rendessero il viaggio abbastanza eccitante, aggiungete il modo di viaggiare in Ecuador all’epoca, in particolare al di fuori delle linee principali, piacevole e divertente per i viaggiatori rilassati, estremamente stressante per europei e nordamericani, quasi normale per un napoletano come me. L’orario ufficiale di partenza e il posto numerato attribuito erano scritti sul biglietto, ma mai rispettati. Nel mio caso il conducente arrivò in ritardo, andò a fare colazione, poi a farsi radere ed infine, dopo qualche chiacchiera con il personale della stazione, salì a bordo e partimmo. Solo due olandesi (unici altri stranieri oltre me) si lamentarono un poco, ma non più di tanto essendo già da un po’ in giro in Sudamerica e quindi conoscendo l’andazzo. C’erano solo due vetture sulla linea Ibarra - San Lorenzo che percorrevano la tratta una sola volta al giorno. La linea era a binario unico e quindi il primo autoferro che arrivava all’unico punto di scambio (una ventina di metri a doppio binario) si doveva fermare e aspettare che giungesse l’altro ... se arrivava. Io fui relativamente fortunato in quanto, pur arrivando prima, l’attesa fu di neanche mezz’ora durante la quale scesero tutti per sgranchirsi le gambe e sperare di udire il rumore di un motore. Il problema grosso, non raro, sorgeva in caso di blocco di uno dei due prima di giungere all’appuntamento in quanto, di conseguenza, l’altro non sarebbe potuto giungere a destinazione fin quando non si fosse liberata la linea.
Ho trovato questa foto di Limones, non so di che anno. 
San Lorenzo si presentava in modo simile ... con meno tecnologia (35 anni fa)
Giunti a San Lorenzo, la  vettura veniva parcheggiata su una piattaforma girevole di diametro poco superiore alla distanza fra gli assi. I passeggeri venivano quindi invitati a “ruotare” l’autoferro spingendone la parti sporgenti e posizionandolo in modo che fosse pronto a ripartire il mattino dopo.
Il conducente svolgeva anche servizio di consegna posta. Giunti in prossimità di qualche finca isolata cominciava a suonare furiosamente, rallentava un poco e, appena compariva qualcuno, lanciava la lettera o il piccolo pacco dal finestrino senza fermarsi.
Spero di aver fornito almeno una seppur vaga idea del mio indimenticabile viaggio di oltre 8 ore per coprire i circa 170 km fra Ibarra e San Lorenzo.

Dimenticavo ... l’autoferro sul quale viaggiavo non deragliò (pare che fosse incidente molto frequente), ma nell’unico tratto in leggera salita il motore si spense e ovviamente la batteria era a terra! 
Il conducente quindi invitò “Todos los hombres a empujar! ” (Tutti gli uomini a spingere!) ... e ora sapete che a chi mi pone l’insolita domanda del titolo posso rispondere: “Io sì!”

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