sabato 16 aprile 2016

Tortillas ... quelle messicane, di mais

Tutt'oggi le tortillas sono di fondamentale importanza nella dieta dei messicani, basti pensare che nonostante un calo del 25% del consumo nazionale, la media è di circa 90kg pro capite per anno.
Quelle classiche messicane, relativamente sottili e di 14-15 cm di diametro, possono venir utilizzate come accompagnamento di un qualunque pasto o singolo piatto o sopa e portate in tavola calde in apposito contenitore o in un semplice cestino avvolte in un panno, oppure trasformate in tacos, totopos, tostadas, enchiladas, enfrijoladas, entomatadas, sopa de tortilla, quesadillas, chalupas, flautas, burritos, tacos dorados, sincronizadas, tostadas, chilaquiles e altre varietà regionali.
In America Centrale se ne trovano di più spesse (fin quasi 1cm di altezza) e di più grandi, fin’oltre 20 cm di diametro. Restando in Messico, e nel campo della statistica, ho appurato che da un kg di impasto si ricavano fra 45 e 55 tortillas, i più precisi sostengono che siano 48, per un peso di 21g ciascuna. La produzione giornaliera di questa piccola tortilleria di Bacalar (Quintana Roo, Mexico), con il macchinario (di almeno una cinquantina di anni fa) che vedete nelle foto è di circa due quintali al giorno, vale a dire approssimativamente 10.000 tortillas, a stessa quantità che le macchine moderne sono in grado di produrre (cottura inclusa) in un’ora.
Si prepara un impasto di varie decine di kg e lo si inserisce nell'invaso sotto forma di una grande palla molto consistente. La macchina la stende (la aplasta) e sul nastro vengono tagliati i dischi che passano subito nella parte coperta dove cuociono velocemente per poi cadere sull'altro nastro diritto che le porta fino a chi le impilerà. Vengono vendute a peso al prezzo medio 16 MXN/kg (0,80 euro).
   
Le tortillas, essendo parte della cultura mesoamericana, ancor prima dell’arrivo degli europei, entrano anche in vari modi di dire come "¡Quedó como tortilla!" che significa che qualcuno o qualcosa è stato schiacciato e appiattito (realmente o in senso figurato).
Ma quello più interessante, che mi ha portato a alla scoperta di qualcosa che sembra conoscano appena un 30% dei messicani stessi, è legato alla superstizione che vuole che chi prepara un taco “sul lato sbagliato della tortilla” sia cornuto.
A seconda del tipo di cottura e del numero di volte che viene girata, se viene girata, ogni tortilla avrà due lati, o facce (caras), diverse: una più dura e cotta e l’altra più morbida e "assorbente”, con delle bollicine e un sottile strato, come una pellicina, talvolta separato dal resto da una piccola sacca d’aria. Questa seconda parte, detta anche “panza” (pancia), è quella sulla quale andrebbero poggiati i vari altri elementi, ingredienti e accompagnamenti, mentre l’altra è ovviamente quella che si dovrebbe maneggiare.

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