domenica 26 giugno 2016

Occhio a questi 2: Cristina Gallego e Ciro Guerra (cine colombiano)

Come anticipato nel precedente post ieri mi sono goduto Los viajes del vientosecondo film di Ciro Guerra (quello che mi mancava dei suoi tre), e devo dire che la mia stima per questo giovane regista colombiano è ulteriormente cresciuta. Per questo motivo ho voluto scrivere questo post allargando il tema alle cinematografie latine in genere ed a quella colombiana particolare, quasi  del tutto sconosciuta in Europa,  mettendo anche a confronto le tre opere di Guerra, per certi versi molto diverse fra loro ma per altri molto simili, e affrontando un discorso un po’ più ampio della mia solita micro-recensione appena pubblicata nella raccolta 2016: un film al giorno.
Problemi economici e di distribuzione hanno da sempre limitato la produzione e quindi la distribuzione di film dell’America Latina il cui livello medio, in sostanza, non è assolutamente inferiore a quelli occidentali e fra essi ce ne sono veramente di ottimi. Ciò è ampiamente dimostrato dai successi ottenuti negli ultimi anni dai vari Iñárritu (Oscar con Birdman e The Revenant, oltre alla Nomination per Babel), Cuarón (Gravity), e fra i migliori di lingua non inglese degli ultimi 10 anni ricordiamo le Nomination per Il labirinto di Pan (Guillermo Del Toro, Messico), La teta asustada (Claudia Llosa, Perù), Biutiful (Iñárritu, Messico), No (Larrain, Cile), Relatos salvajes (Szifrón, Argentina), El abrazo de la serpiente (Guerra, Colombia) e l’Oscar di Il segreto nei suoi occhi (Campanella, Argentina). Vari di questi contano anche altre Nomination e sono pluripremiati nei Festival più importanti di tutto il mondo.
      
Questo non deve assolutamente meravigliare in quanto è la cultura dell’America Latina in genere ad essere di eccellente livello anche se molti se ne ricordano solo di tanto in tanto. A sostegno di questa affermazione basterebbe ricordare alcuni grandi della letteratura che non hanno avuto il successo e la diffusione che meritavano solo per non essere nati in Europa o negli Stati Uniti e per non scrivere in inglese: Gabriel García Márquez, Mario Vargas Llosa, Rómulo Gallegos, Jorge Luis Borges, Julio Cortázar, solo per citarne alcuni.
Ognuno dei suddetti (i primi due hanno anche ottenuto il Nobel per la letteratura, ma solo il primo è veramente famoso) ha fornito materiale per numerosi film che sono diventati pietre miliari del cinema hispanoamericani. 
Le diversità culturali e di ambienti dei vari paesi offrono davvero infinite possibilità ai cineasti “illuminati” di realizzare pellicole pressoché uniche che, agli occhi di noi europei, sono anche estremamente interessanti dal punto di vista antropologico. Fra i più giovani di questo gruppo di registi si distingue senz’altro Ciro Guerra (classe 1981) il quale però, purtroppo per noi cinefili, in 12 anni ha diretto vari cortometraggi ma solo 3 film, dei quali è anche sceneggiatore:
  • La sombra del caminante (2004)
  • Los viajes del viento (2009)
  • El abrazo de la serpiente (2015) 
Uno ogni 5 o 6 anni è veramente poco, ma considerato che ha ancora solo 35 anni e che si è fatto apprezzare a livello internazionale grazie alla recente Nomination agli Oscar 2016, dobbiamo essere speranzosi.

Prima di passare alle pellicole di Guerra, vorrei aggiungere poche parole relative alla sua vita personale e professionale, indissolubilmente intrecciate. Infatti, a soli 17 anni conosce Cristina Gallego, di tre anni più grande, studentessa di cine e televisione e con lei fonda nello stesso anno (1998) la casa di produzione Ciudad Lunar. Dicevo di un rapporto indissolubile in quanto i due sono sposati e in questi quasi due decenni Cristina è la produttrice ufficiale di tutte le opere di Ciro, oltre ad essere stata produttrice esecutiva di altre pellicole colombiane.
Cristina è nata a Bogotà ed è ultima di 10 fratelli ma i genitori sono di origine contadina e si trasferirono nella capitale per avere maggiori opportunità di lavoro e per far studiare i figli. Ciro è nato invece a Rio de Oro, piccola cittadina di 14.000 abitanti, 600km a nord di Bogotà, praticamente nel mezzo della selva, quasi al confine con il Venezuela. Ciò la dice lunga in merito alle scelte delle sceneggiature e alla sensibilità con la quale trattano temi quali la sopravvivenza della cultura indigena, la vita dei campi e nei villaggi, la musica tradizionale, gli spostamenti a piedi, a dorso di asino o sulle spalle di qualcuno, la navigazione lungo i corsi d’acqua. E questa sensibilità non si limita ai contenuti ma anche alle immagini che, per me che sono escursionista e viaggiatore incallito oltre che cinefilo, sono assolutamente affascinanti e dimostrano il grande rispetto e conoscenza che Guerra ha dell’ambiente naturale e della cultura dei nativi.
Certamente non sono arrivati a questo punto per essere figli di papà, né perché erano raccomandati e meno che mai bamboccioni ...
Dei tre film solo Los viajes del viento è interamente a colori e come El abrazo de la serpiente è in formato 2,35:1, proporzione che esalta i paesaggi spesso dominati da linee orizzontali come l’acqua ma, nel caso del primo, anche da ambienti desertici.
Nei primi due film Guerra ci porta in realtà povere, in ambienti nei quali la gente vive con poco, pochissimo ma sempre con grande dignità e ancor maggiore altruismo. Nell’ultima parte del secondo sono presenti molti indigenas che, seppur di altre etnie, costituiranno la quasi totalità degli interpreti del più recente El abrazo de la serpiente.

Parlando del cinema colombiano in generale, c’è da sottolineare che dal 1978 al 1993 funzionò la FOCINE (ente di sviluppo cinematografico) e furono prodotti vari buoni film che ebbero anche un discreto successo all’estero come, per esempio, La estrategia del caracol, Rodrigo D. No Futuro, La gente de la Universal.
Dopo un decennio durante il quale si poteva solo contare su coproduttori stranieri, finalmente nel 2003 fu promulgata una nuova legge per il cinema e da allora sono stati prodotti più film fra i quali sempre più spesso se ne trovano di buona qualità (María llena eres de gracia, Soñar No Cuesta Nada, Paraiso travel).
Una raccomandazione agli appassionati di cinema, la solita ogni volta che mi imbatto in buoni film: non vi perdete le pellicole di Ciro Guerra che, anche se poco conosciute, riservano molte piacevoli sorprese.
(notizie tratte da www.proimagenescolombia.com)

1 commento:

  1. Interessante oltre che lungimirante. Birds of passage è in effetti nominato. Vediamo se riesce ad entrare fra i 5.
    Però c'è concorrenza : Roma e Shoplifters non li smuove nessuno dalla cinquina. Roma ha probabilmente già la statuetta in mano , quando l'avrai visto ne converrai.
    Capernaum perché è l'unica donna regista (ragionano per quote, ormai è così) Ayka deve essere lagnosissimo ma potrebbe passare.
    Poi la guerra fredda polacca non se la lasciano sfuggire gli americani.
    Vabbè, solo supposizioni mie.
    Una sola cosa riguardo al tuo bel post :
    Inarritu , Guillermo e Cuaròn li conoscono tutti, via.

    "grandi della letteratura che non hanno avuto il successo e la diffusione che meritavano solo per non essere nati in Europa o negli Stati Uniti e per non scrivere in inglese: Gabriel García Márquez, Mario Vargas Llosa, Rómulo Gallegos, Jorge Luis Borges, Julio Cortázar"....
    No,no. Sono famosisimi , conosciutissimi (a parte Gallegos che proprio non so). Un po' tutti abbiamo passato la gioventù a leggere Marquez , Borges e Cortàzar.
    Pensa che all'univ. anche se non facevo spagnolo i tre sopra citati erano fra le letture obbligatorie.
    Chi studiava spagnolo se li beccava di sicuro con bibliografia completa, assieme ad un bel po' di altri sudamericani che io manco conosco.
    E io non studiai all'univ. certo di recente. Penso che questi pesi massimi della letteratura ormai li studino in ogni facoltà umanistica.

    Se avrò occasione vedrò uno dei 4 di questo regista. Spero il candidato di quest'anno.

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