lunedì 29 maggio 2017

Nei buoni film si trovano infinite occasioni di scoperta e riflessione ...

... e spunti che attendono solo di essere approfonditi, qualunque siano i propri settori di interesse. Io che ne vedo tanti non sempre riesco a stare dietro a parole, luoghi, nomi, opere d'arte o letterarie che attraggono la mia attenzione e mi intrigano. Non da ultimo, personalmente mi incuriosiscono modi di dire e proverbi (uno dei miei tanti campi di interesse) mai sentiti prima, sconosciuti, talvolta dal significato molto ambiguo o addirittura misterioso. 
Fra questi, di recente mi sono imbattuto in uno secondo me affascinante, ascoltato in Accattone (1961), prima regia di Pier Paolo Pasolini, e si tratta di:  
nun tene cielo 'a guardà, né terra pe' cammenà” (Non ha cielo da guardare, né terra su cui camminare). 
Praticamente un “quadro della disperazione” che fa il paio con il più noto “nun tene manco ll’uocchie pe’ chiagnere” (non ha neanche gli occhi per piangere) o, in senso lato "essere ai piedi di Pilato".
A parte tutti gli altri meriti riscontrati nel lavoro di esordio di Pasolini regista, mi ha particolarmente entusiasmato la tipologia dei dialoghi, apparentemente livellata verso il basso, ma in effetti tendente alla filosofia pura. Come ho già scritto nella mia mini-recensione di Accattone qualche giorno fa, trovo estremamente piacevole e “saggia” la conversazione “popolare”, un tipo di comunicazione apparentemente sciocca e superficiale eppure arguta nella sua semplicità, caratterizzata da quella filosofia spicciola frutto di osservazioni ed esperienze accumulate nei secoli e quindi più che affidabili.
Purtroppo questo tipo di eloquio sembra che al giorno d’oggi sopravviva solo nei piccoli centri, dove tutti si conoscono, ognuno ha la battuta adatta per qualsiasi persona e/o evenienza, la risposta ancor più pronta e, a seconda della familiarità e della confidenza, è consentito prendersi qualche libertà senza risultare “troppo” offensivi. Quando si vuol dire qualcosa lo si fa per lo più attraverso proverbi arguti e calzanti, modi di dire, parafrasi, allegorie, similitudini e iperboli talvolta create al momento e se non si ha niente da dire .. si agisce esattamente nello stesso modo.
Qualche settimana fa mi sono invece imbattuto in “You believe what you choose, I believe what I know” (Tu credi ciò che vuoi, io credo a quello che so), frase proferita dal protagonista del romanzo di John Berendt Midnight in the Garden of Good and Evil”, nel 1997 portato sullo schermo da Clint Eastwood. Questa affermazione è tanto vaga e applicabile a qualsiasi situazione, quanto assolutamente vera per chiunque non viva eternamente nel dubbio. 
   
Infine, mi sembra giusto citare  Al-massir (Youssef Chahine, Egitto, 1997, tit. it. “Il destino” ), il cui  personaggio principale è il filosofo arabo Averroè (1126-1198) nato a Granada, Spagna, ai tempi del califfato. Il film è quindi infarcito di citazioni attribuite al filosofo (ma anche medico, teologo, geografo, matematico, musicologo, astronomo e giurista), vecchie di secoli eppure assolutamente attuali. Alcune sembrano chiare, tuttavia nella loro semplicità sono profonde e non sempre è facile giungere alla loro essenza in quanto talvolta rasentano il paradosso. Per esempio:
  • La Rivelazione include la Ragione e la Ragione include la Rivelazione
  • Certi ragazzi confondono Religione e Ignoranza, certi adulti trasformano l’Ignoranza in Religione
  • Le idee (il pensiero) hanno ali. Nessuno può impedire il loro volo
Continuo la mia ricerca di modi di dire, massime, aforismi e proverbi sia nei film che nei libri, e non solo in italiano, ma anche e soprattutto in vernacolo e in altre lingue.

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